Prima Volta

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view post Posted on 27/1/2009, 15:43




Avevo vent’anni negli anni ottanta e nella vacanza tra una materia e l’altra all’università aiutavo mio padre, commerciante, che forniva tutte le fattorie delle campagne vicine alla città in cui vivevamo. Si partiva con il furgone e si visitavano tutte le fattorie consegnando derrate alimentari, foraggi per gli animali, ma anche tutto ciò che poteva servire alle massaie. Una delle fattorie era gestita da una donna, Luisa, che chiamavo zia perché lontana parente di mia madre, ancora molto piacente, di quasi sessant’anni. Luisa alla morte del marito aveva preso in mano la situazione trasformandosi in una vera e propria imprenditrice agricola. Coltivava, allevava animali, si recava al mercato, era insomma quella che dalle nostre parti si dice una donna con le palle. Ma certo aveva tutt’altro che palle sotto l’ampia gonna che non nascondeva comunque i fianchi rotondi. Il suo incedere ancheggiante la rendeva sensuale.
La sua fattoria ci impegnava molto, sia per la quantità di prodotti consegnati sia perché indugiavamo sempre, non riuscivamo a far presto, ammaliati dai suoi modi, dalla sua dolcezza e dalla sua sensualità. Era alta un metro e settanta, portava i lunghi capelli, tinti di rosso, legati con dei ferretti dietro la nuca. I suoi seni erano grandi, un pò cadenti, quasi adagiati sul ventre, come dei cuscini su cui avrei voluto poggiare il mio viso. Sempre fresca, odorava di sapone di Marsiglia. Vestiva in modo sobrio; solo in estate sostituiva la lunga gonna e la camicia pesante con una vestaglietta sopra il ginocchio abbottonata sul davanti. Allora negli spazi tra un bottone e l’altro si vedevano centimetri della sua pelle di latte che per me, data la mia giovane età e la mia inesperienza, sembravano cose stupende. E, a volte, qualche bottone rimasto sbottonato lasciava vedere il solco tra i grandi seni. Era diventata la protagonista delle mie fantasie erotiche e accompagnava le mie numerose e “sborrose” seghe.
Un giorno che ero costretto ad andare in bagno le chiesi il permesso di usare il suo, mentre lei si faceva aiutare da mio padre a sistemare alcuni sacchi nel solaio della dispensa.
Dentro il bagno di zia Luisa le mie narici furono riempiti da un intenso profumo di rose e i miei occhi vennero attratti da indumenti intimi lasciati sul bordo della vasca da bagno: un reggiseno che mi sembrò enorme e delle mutandine bianche con il bordo merlato. Li presi in mano e li odorai, il mio pene divenne di marmo, l’odore mi inebriava e non smettevo di strofinare il mio viso dentro le coppe del reggiseno. Poi presi le mutandine e le portai alle narici, odoravano di femmina, il triangolino del rinforzo era bagnato, lo odorai, un odore forte
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che mi diede alla testa. Tirai fuori dai jeans il cazzo, lo poggiai su quel triangolo bagnato dagli umori , e così mi segai; la mia mano stringeva la stoffa delle mutandine avvolta sul cazzo e andava su e giù sempre più velocemente fino a quanto il seme schizzò mescolandosi agli umori delle mutande. Mai sega era stata più piacevole. La voce di mio padre mi richiamo alla realtà, feci pipì e uscii simulando normalità, non feci alcun caso a rimettere esattamente come prima gli indumenti della signora.
Ad ogni visita continuai a sbirciare la “zia”, tentando di carpire qualcosa di più del suo morbido corpo e la notte continuai le mie seghe solitarie pensando sempre a situazioni erotiche con lei.
Capitò un giorno che mio padre doveva sbrigare altre faccende e mi recai da solo ad effettuare le consegne. Il mio cuore batteva al solo pensiero di rimanere da solo con la femmina dei miei sogni adolescenziali. Mi recai per ultimo alla sua fattoria, era già il primo pomeriggio, un’estate calda, e la trovai seduta sulla panchina sotto un grande albero di ulivo proprio davanti alla casa. Lei si alzò un momento per baciarmi, cosa che era solita fare, ma quella volta ebbi la netta sensazione che le sue labbra indugiavano sulle mie guance e i grossi seni premevano sul mio petto. Si risedette sulla panchinetta a due posti.
- Vieni, Carlo, siediti accanto a me, riposati un po’, avrai lavorato tanto!
Ubbidii. – No, zia, ma sto volentieri un po’ all’ombra. Mi sedetti.
- Oggi è particolarmente caldo! – e mentre parlava sbatteva il bordo della vestaglietta per ventilarsi le gambe. Quel movimento, un po’ volgare, lasciava vedere gran parte delle sue cosce che, benché coperte di cellulite, mi davano i brividi. Mi eccitai, il mio cazzo reagì gonfiando la patta dei jeans. Lei lanciò un’occhiata al mio bozzolo con apparente indifferenza. La panchinetta ci conteneva appena a causa delle rotondità di zia Luisa, il caldo della sua coscia si trasmetteva al mio corpo, sudavo e mi eccitavo sempre più.
- Ho capito, sai, cosa hai fatto nel bagno l’altro giorno, sei proprio un porcellino.
Arrossii, la zia si era accorta che avevo sborrato nelle sue mutandine; abbassai la testa, adesso il cuore mi batteva per la vergogna e non più per la coscia della zia che sentivo premere sempre più sulla mia. Non riuscivo a profferire parola. La zia mi tolse dall’imbarazzo.
- Dai, non ti preoccupare, alla tua età queste cose si fanno. Ma toglimi una curiosità: cosa pensavi mentre ti masturbavi? Dimmi…
- Zia ti prego, non dire niente a papà.
- Te lo prometto, ma rispondi alla mia domanda.
- ..A…a te zia….pe…pensavo alle sue gambe, ai tuoi seni.
- Ma alla tua età dovresti avere tante ragazze,belle snelle e non pensare ad una vecchia piena di grasso, non vedi come sono brutte le mie cosce.
Detto questo si sollevo spudoratamente la gonna fino all’inguine, apparvero le sue cosce opulente, bucherellate dalla cellulite, con qualche vena azzurra bene in evidenza. Provavo una sensazione di repulsione e di eccitazione al tempo stesso, il mio cazzo riprese vigore. Avevo voglia di agrapparmi ai quei cuscini di grasso, di palparla per bene tutta, il culo, i fianchi, le cosce, in modo lascivo, riempiendomi le mani con il suo lardo. Avevo voglia di rifugiarmi in quell’opulenza fino a godere. Ancora oggi amo le donne opulente, ma la zia era troppo. Ancora ho scolpiti nella mente il suo corpo e la mia eccitazione di quel tempo.
Divenni sfrontato anch’io, come la zia.
- Non so se le tue cosce sono belle o brutte, zia, so solo che mi stanno arrapando da matti. Non ho mai fatto sesso con le ragazze e vorrei che fossi tu ad insegnarmi.
- Sembri timido,ma sei un birbante, sto vedendo quanto sei arrapato e ciò promette bene.
Mi prese per mano.
- Vieni dentro porcellino, sarò la tua maestra.
Mi condusse nella sua stanza da letto e, chiusa la porta, mi trovai tra quella montagna burrosa. Luisa mi baciò e mi insegnò a baciare. Aveva labbra carnose che si schiacciarono come una ventosa sulla mia bocca, la sua lingua forzò la resistenza dei miei denti, affondo e cominciò a roteare. Dopo attimi di titubanza la imitai e le nostre lingue iniziarono una meravigliosa danza erotica. Il cazzo mi faceva male e dovetti liberarlo, lei fece cadere a terra la gonna e attanagliò il mio cazzo tra le sue coscione morbide, grosse come delle vecchie colonne.
- Grazie, Carlo, mio porcello…siii…fammi sentire il tuo giovane un cazzo tra le cosce.
Intrufolò una mano tra i nostri corpi, e cominciò a fare una sega lenta, poi a carezzarmi le palle. Nel suo viso si leggeva la libidine, l’accumulo di libidine in anni di astinenza.
Come sei bello, come è bello averti, toccarti!!! Sei il mio giovane maschio arrapato ed io sono la tua vacca in calore. Avevo letto queste frasi sui fumetti erotici, non immaginavo che una vecchia signora potesse essere così porca. Lasciò per un attimo il mio cazzo e si slacciò l’enorme reggiseno, le poppe vennero giù ballonzolando e lei me le offrì. Affondai il viso in quelle curve da tata e mi sembrò ’impazzire.
- Succhiami le tette, caro! Mi piace…si – e spingeva il bacino imprigionando sempre più in fondo il cazzo che veniva solleticato dai peli fuorusciti dalle mutandine.
Restammo così per un po’, poi Luisa indietreggiò fino a sedersi sul lettone. Mi ritrovai ancora in piedi tra le sue cosce, lei afferrò di nuovo il mio cazzo e lo guidò tra le tette, istintivamente spingevo il bacino affondando il pene in quei due globi di grasso. Poi abbassò il suo viso e cominciò a baciare le palle, tutta l’asta dalla radice alla punta, rotolava il cazzo eretto su una guancia, poi sull’altra, infine lo prese in bocca. Sperimentai il primo pompino della mia vita e ancora oggi sono convinto che sia stato il più bello.
Ogni tanto si fermava per dirmi delle cose oscene.
- Fatti baciare dalla tua troia, sei il mio toro….Dimmelo che sono la tua troia…dimmelo – e riprese a succhiare.
- Ma zia, non posso.
- Non chiamarmi zia, ormai sono la tua amante, sborrami in bocca, ho sete di te.
Mi spompinava come una forsennata, il mio godimento era vicino e ciò mi diede il coraggio di dirle le porcate che desiderava.
- Vacca, sto per venire…..siiiiii accelera puttana….arrivo…trooooiiiiiaaaaa!!!!
Sborrai lunghi fiotti nella sua bocca e lei bevve fino all’ultima goccia.
Ci accasciammo sul letto e lei che voleva la sua parte di piacere mi insegnò come si tocca una donna. Fui un bravo allievo e appresi dubito a titillarle il clitoride e a ficcare due dita in vagina.
Aveva tolto le mutande ed era apparso ai miei occhi un folto cespuglio rosso, ancora totalmente rosso, malgrado la sua età. Accelerai il ditalino mentre lei si torceva dal piacere, si bagnava sempre più e continuava nel pronunciare oscenità.
Quando arrivò fu come l’eruzione di un vulcano, il suo corpo, pur così pesante era squassato da mille tremori. Il mio cazzo era di nuovo in tiro, ma per quella volta ci fermammo lì.
 
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